Quando abbiamo smesso di capire il mondo, di Benjamin Labatut – Adelphi – 2021 – €18,00


Partiamo dalle (tante) ottime cose di questa raccolta di racconti: è scritta benissimo (da invidia per me, scrittore dilettante), rende poetica la ricerca scientifica e i personaggio descritti, reali ma inventati (ossimoro solo apparente, come si potrà capire leggendo le pagine di questo volume) sono verosimili. Non veri, ma verosimili. E allora si scopriranno cose meravigliose, come il collegamento tra il blu di Prussia, il cianuro, l’azoto e il Zyklon B. Come una stessa persona possa creare le condizioni per uno sviluppo demografico importante e per una distruzione di massa.

Oppure, come la matematica porti la mente a diventare metafisica e a estraniarsi completamente dalla realtà, o come i concetti della “nuova” fisica dell’inizio del XX secolo abbiamo portato menti meravigliose ad indagare sull’immensamente grande e l’immensamente piccolo, perdendosi e disorientandosi nei nuovi concetti che – senza spiegazioni ma inequivocabilmente – uscivano fuori dalla teoria e dalla sperimentazione.

Storie poetiche, che descrivono fatti e personaggi – appunto – verosimili, anche se non veri. Si sorride, si piange e ci si angoscia, leggendo questo libro. Che – anche se in forma “inventata”, rende benissimo l’idea della profonda rivoluzione che il nostro modo di vedere il mondo ha subito in quegli tremendi anni, dove la belle epoque ha lasciato lo spazio a un mondo globalizzato e in perenne conflitto.

Le cose negative: poche in realtà. Anzi, una sola, ma purtroppo importante: i personaggi raccontati sono così “sublimi” nella realtà che dover “reiventarli”, pur nella verosimiglianza, rende tutto troppo artificiale, quasi che ci sia bisogno di abbellire delle storie che – già da sole – sono un romanzo, e di quelli che sembrano usciti dalla penna di un maestro in stile Umberto Eco.

E’ per questo motivo che non emerge, ed è un vero peccato, una delle conquiste più grandi della scienza: il fatto che si lavori in comunità. Nessuno dei personaggi descritti era uno scienziato chiuso in una torre d’avorio, che scopre da solo il sacro graal della propria scienza. Ma che opera in una comunità scientifica, che sviluppa e migliora i concetti, e che fornisce continui stimoli a proseguire le proprie ricerche, teoriche o sperimentali. Tutto questo rimane sullo sfondo, quando invece dovrebbe essere predominante. Come detto, per rendere tali personaggi a “tutto sbalzo” non c’è bisogno di sfocare lo sfondo, bastava raccontare ciò che era realmente successo. Labatut la penna e il talento per farlo lo ha.

Consiglio comunque di leggerle questi racconti. Non sono lunghi, portano in un ambiente affascinante, e comunque spingono ad investigare oltre. Tolto il peccato originale, questo libro è meraviglioso.


Voto 3/5