Libro poco conosciuto ma paragonabile, come ampiezza e profondità di pensiero a “Armi Acciaio e Malattie” di Diamond che oltretutto comincia a sentire – giustamente – i segni del tempo.
Si spazia dall’antropologia all’archeologia, dalle analisi del DNA alle scienze sociali, per arrivare ad un “finale” sorprendente. Tutto il libro, ultimo capitolo a parte, è basato su ricerche e fatti incontrovertibili, e le opinioni degli autori (sorprendenti, ma neanche poi troppo) sono ben distinte dal resto. 

Si parte dai primi ominini, si analizzano anche strutture sociali non umane (e neanche di primati) per confrontare, si mettono a confronto i più recenti studi in campo non solo archeologico ma anche chimico e fisico per capire lo sviluppo della nostra società ed anche quando la nostra è diventata una “società”.

E’ un libro “comunista”, ovviamente non nel senso politico del termine, ma nel senso sociale, ossia più che uno studio sull’uomo, e uno studio sulla società che più o meno consapevolmente gli uomini creano, autodomesticandosi a questa.

Peccato per un italiano complesso e di non semplice lettura. Rimanendo il fatto che maestri come Keats o Manzoni sono universali, credo che l’italiano sia in genere lingua d’arte, l’inglese in genere di comunicazione, e questo purtroppo nel libro si nota. E’ difficile costruire periodi complessi in italiano senza ricorrere ad almeno 5 righe ed a lemmi che costringono il lettore a fermare la lettura per riflettere sul significato di essi.

Segnalo due cose che – senza necessariamente essere in accordo con gli autori – ci dovrebbero far riflettere: il rischio già esistente di avere differenti “io” tra quello reale e quello digitale, e di preferire quest’ultimo, ed una frase presente a pagina 223: “L’entusiasmo con cui il popolo risponde alle arringhe di un leader, non importa se affacciato a un balcone o intento a “cinguettare” sulle nostre reti digitali, è facilemente interpretabile come una potente valvola di sfogo di tensioni e frustrazioni accumulate in altre sedi”