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Il 27  e 28 marzo 1994 gli italiani sono chiamati a votare con la nuova legge elettorale del 4 agosto 1993, la cosiddetta legge Mattarella (volgarizzata dai media in mattarellum). Il nuovo sistema elettorale, approvato dal Governo Ciampi, è un misto di maggioritario e di proporzionale. Il 75% dei seggi (475 per la Camera, 232 per il Senato) è assegnato tramite un sistema uninominale maggioritario a turno unico; il restante 25% (155 per la Camera, 83 per il Senato) tramite un sistema proporzionale. Per il maggioritario, il territorio nazionale è suddiviso in tanti collegi quanti sono i seggi da assegnare: ottiene il seggio il soggetto che nel relativo collegio abbia ottenuto la maggioranza relativa dei voti. Per il proporzionale, la distribuzione dei seggi avviene alla Camera su base nazionale, tra le liste che abbiano superato il 4%, e al Senato su base regionale, in base ai seggi spettanti a ciascuna Regione.

Come indicavano i sondaggi, il Polo della Libertà (Forza Italia, Lega, Lista Pannella, Ccd e Udc) e il Polo del Buon Governo (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Ccd e Udc) escono vincitori, conquistando alla Camera 366 deputati su 630. Tra i Progressisti, Psi, Rete, AD e Verdi non superano lo sbarramento del 4% nella quota proporzionale. Forza Italia conquista un buon successo, con il 21% dei voti, anche se di molti punti inferiore alle percentuali sbandierate da Berlusconi durante la campagna elettorale. In realtà il Polo detiene la maggioranza solo alla Camera, e non al Senato per la presenza dei senatori a vita: Berlusconi dovrà ricorrere “all’acquisto” di alcuni senatori dell’opposizione.

I commenti a caldo sulla vittoria di Berlusconi attribuiscono un ruolo decisivo alle reti televisive della Fininvest; queste sono state senz’altro importanti, perché hanno dato visibilità a un’offerta politica presentata come nuova. In realtà, è la riproposizione in termini meno aggressivi del Piano di Gelli.

Berlusconi si è fatto portatore dei valori dell’efficienza, che genera più beni e quindi maggiore benessere. Alla sua visione della posizione della sinistra ha contrapposto l’idea dell’aumento della produzione (accrescere la quantità di beni da distribuire). Non ha spiegato come attuare il programma ma, per ovviare a questo limite, si è servito con competenza dello strumento della comunicazione. Sono state utilizzate in modo appropriato sia la tecnica delle “maschere” – ossia il linguaggio colloquiale, sobrio e pragmatico, la cura del corpo e delle posizioni, i sogni impossibili raccontati come se fossero realtà, la metafora del “buon padre di famiglia”, che ha la capacità di rassicurare e di salvare i propri figli in pericolo – sia la tecnica della moderna profezia, il sondaggio.

Da imprenditore di successo, ha chiamato a raccolta tutti i “ghepensimì” d’Italia, ricevendone un consenso plebiscitario. Va dato, infine, atto a Berlusconi di aver saputo capire che lo sfaldamento della DC avrebbe lasciato un vuoto politico che nessuno degli schieramenti in lizza era in grado di occupare, nemmeno Mario Segni il quale, con il suo comportamento ondivago, aveva perso un’occasione irripetibile. L’elettorato moderato, non trovando più nella DC il proprio riferimento politico, non aspettava altro che un movimento come Forza Italia, dichiaratamente conservatore, per riversarvi il proprio suffragio.