Pochi giorni dopo la seduta inaugurale del parlamento italiano durante la quale senatori e deputati hanno acclamato Vittorio Emanuele di Savoia nuovo Re d’Italia, Camillo Benso conte di Cavour presenta in Senato un progetto di legge, con un unico articolo, nel quale si stabilisce che Vittorio Emanuele avrebbe assunto per sé e per i suoi successori il titolo di Re d’Italia.
La discussione che precede la votazione di questo testo di legge è abbastanza animata e vede contrapposti i due schieramenti principali di quegli anni: moderati da una parte, e democratici dall’altra. Questi ultimi chiedono che il sovrano assuma come nome Vittorio Emanuele I, per rimarcare l’inizio di una nuova era e l’originalità dello Stato appena nato rispetto al vecchio Regno Sabaudo.
Su questo punto però sia Cavour che lo stesso Vittorio Emanuele, rimangono inflessibili: per loro, infatti, il processo di indipendenza è stato un movimento guidato dal Piemonte, a partire dalla partecipazione alla guerra di Crimea e al Congresso di Parigi, che si è concluso con successo grazie soprattutto all’iniziativa e alla determinazione del re sabaudo e della sua classe dirigente.