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Erano le 23 e 21 del 28 febbraio del 1986. Olof Palme, primo ministro della Svezia, e la moglie Lisbet Beck-Friis erano usciti da pochi minuti da un cinema. Si trovavano sulla Sveavägen, una via centrale di Stoccolma. Si avvicinò un uomo alle spalle che esclamando alcune imprecazioni contro Palme sparò due colpi con una 357 Magnum, colpendolo alla schiena. Fu dichiarata la sua morte poco dopo l’arrivo al Sabbatsberg Hospital. Lisbet fu colpita di striscio senza gravi conseguenze.

Olof Palme era nato a Stoccolma nel 1927. Mentre frequentava l’università di Stoccolma, laureandosi in legge, si iscrisse al partito laburista svedese. La sua famiglia apparteneva all’alta borghesia baltica. Ebbe pertanto la possibilità di viaggiare per il mondo. Negli Stati Uniti, dove frequentò un master, ebbe modo di conoscere lati positivi e negativi della società americana, rimanendo particolarmente colpito dalle diseguaglianze economiche e dai problemi della minoranza afro-americana.

Nel 1961 divenne segretario del primo ministro socialdemocratico Tage Erlander. L’anno seguente venne nominato ministro delle Comunicazioni, poi dell’Educazione e Affari sociali. Nel 1969 fu eletto presidente del Partito Socialdemocratico. Nello stesso anno divenne primo ministro. Olof Palme si scontrò con la diplomazia americana poiché la Svezia concedeva diritto di asilo ai giovani americani contrari alla guerra in Vietnam che rifiutavano la leva. Il suo governo diede impulso alla rete di welfare della Svezia, che si occupava dei propri cittadini dalla nascita alla tomba. Le maggiori aziende svedesi furono coinvolte nel progetto di cogestione. Lo stato e i sindacati ottennero rappresentanze nei consigli di amministrazione delle maggiori industrie svedesi, potendo così incidere sulle politiche industriali dei grandi gruppi.

Nel 1976 i conservatori vinsero le elezioni, ma governarono senza incidere significativamente sul sistema di welfare. Nel 1982, alle successive elezioni, i socialdemocratici tornarono al governo con Olof Palme primo ministro. Furono gli anni durante i quali le socialdemocrazie di vari paesi europei andarono al governo: la Spagna con Felipe Gonzales, la Francia con Mitterand, l’Italia con Craxi, la Grecia con Papandreou. Negli stessi anni negli USA era presidente il repubblicano Ronald Reagan e nel Regno Unito era primo ministro Margaret Thatcher.

Olof Palme si era guadagnato le antipatie dei governi conservatori di vari paesi. Era apertamente contrario alla politica di apartheid praticata nel Sudafrica e al regime militare di Pinochet in Cile. Al contrario aveva avuto buoni rapporti con Salvador Allende, predecessore di Pinochet, vittima del colpo di stato del generale, e aveva in simpatia il regime cubano di Fidel Castro. Aveva svolto azione di mediazione nel conflitto tra l’Iran e l’Iraq, ed era schierato con i Palestinesi nel duro confronto tra gli stessi e il governo israeliano.

Nei giorni immediatamente precedenti alla sua uccisione Palme era impegnato con il suo governo nell’approvazione del nuovo piano di cogestione dei lavoratori nelle imprese, il cosiddetto “Piano Meidner”, dal nome dell’economista di fede socialdemocratica che lo aveva redatto. Prevedeva una crescente influenza nella gestione delle imprese da parte dei lavoratori. Incontrava una grande opposizione da parte degli imprenditori.

Il giornalista di un giornale appartenente al mondo sindacale, che lo incontrò nel pomeriggio del 28 febbraio 1986 per un’intervista sul nuovo modello di compartecipazione dei lavoratori, notò una forte inquietudine del Premier durante l’intervista.

Il 28 febbraio, un venerdì pomeriggio, come sempre in assenza di attività ufficiale nel fine settimana, Olof Palme congedò la sua scorta fino al lunedì successivo. Aveva in programma di andare al cinema Grand, al numero 68 della Sveavägen, nel centro di Stoccolma, per assistere alla visione del film “The Mozart brothers” in compagnia della moglie Lisbet, del figlio venticinquenne Marten e della sua “girlfriend”.

Dopo la visione del film Olof Palme e Lisbet si avviarono a piedi lungo la Sveavägen per raggiungere casa, dopo aver salutato il figlio e la sua fidanzata che avevano intenzione di continuare la serata presso qualche locale dei dintorni. Disse poi Marten che, subito dopo aver salutato i genitori, aveva notato una persona che li seguiva. Un altro testimone raccontò che aveva visto la coppia preceduta da due uomini e seguita da un altro, tanto che aveva pensato si trattasse della scorta del Primo Ministro. Quando Olof e Lisbet si trovavano all’incrocio con Tunnelgatan da dove contavano di raggiungere la propria abitazione salendo le scale della Tunnelgatan, si avvicinò da dietro un uomo vestito con un giaccone scuro. Impugnava un revolver Smith & Wesson 357 Magnum. Alzò il braccio e sparò un colpo da distanza ravvicinata, colpendo alle spalle Olof Palme. Un secondo colpo, diretto verso Lisbet la ferì solo di striscio. Il primo ministro si accasciò la suolo in fin di vita. L’attentatore fuggì a piedi lungo la Tunnelgaten, salendo la lunga scalinata che conduce nella parte alta di Stoccolma. Lisbet urlò terrorizzata, chiedendo aiuto. Il Premier spirò poco dopo.

Passarono venti interminabili minuti prima che la polizia attuasse il blocco della città. Era troppo tardi. L’assassino aveva avuto il tempo di dileguarsi per sempre.

In seguito a lunghe e difficili indagini la polizia svedese arrestò, incriminandolo per l’omicidio di Olof Palme, Christer Pettersson. Era un alcolizzato sempre in cerca di droga. Frequentava di preferenza la Sveavägen. Pettersson, che era stato in carcere per vari reati, aveva avuto modo di stringere amicizia con il detenuto Lars Tingstrom che, nel cercare di uccidere il magistrato inquirente del suo caso, aveva causato la morte di alcune persone. Quest’incontro lo riempì di idee contro il sistema svedese, al punto da considerarlo la fonte di tutti i suoi guai. Christer Pettersson in gioventù era stato condannato per omicidio di una persona che lo aveva inavvertitamente urtato sulla stessa Sveavägen. A detta degli inquirenti Pettersson si era procurato il revolver 357 Magnum sottraendolo dalla casa di uno spacciatore che gli forniva la droga di cui non poteva far a meno. L’ipotesi che l’assassino fosse Pettersson era avallata dal fatto che alcuni passanti, testimoni dell’omicidio, avrebbero sentito l’uomo, nei momenti precedenti gli spari, lanciare generiche imprecazioni contro la società svedese e i politici in particolare, con un comportamento che poteva far sembrare lo stesso in preda all’alcol o a crisi di astinenza. Pettersson fu condannato in primo grado, ma nel processo d’Appello fu riconosciuto innocente a causa della scarsità di prove a suo carico, proscioglimento confermato definitivamente dalla Corte Suprema nel 1998. In seguito Pettersson, non più processabile per quel crimine, confessò a un giornalista di essere stato lui a sparare in preda a una crisi di astinenza. In un’altra presunta confessione disse che aveva scambiato Palme, a causa del soprabito, per uno spacciatore verso il quale aveva forti risentimenti. Pettersson morì nel 2004 in seguito a overdose.

Furono seguite anche altre piste dagli inquirenti e dai giornalisti che si interessarono del caso.

Lo scrittore Leif Persson avanzò l’ipotesi che a ordinare l’uccisione del Premier fossero stati ambienti svedesi di estrema destra timorosi delle riforme sociali che Palme era in procinto di far approvare, in primo luogo il “Piano Meidner” che avrebbe sottratto una larga fetta di potere alle classi imprenditoriali. Fu ipotizzato, quale esecutore materiale, uno degli agenti della scorta del Primo Ministro. Nel 2012 Eva Rausing, moglie dell’industriale svedese proprietario del colosso industriale Tetra-Pak, confessò ad alcuni giornalisti suoi conoscenti di essere in grado di rivelare il nome dell’esecutore del delitto e di far ritrovare l’arma dello stesso. La Rausing, che si trovava a Londra, fu rinvenuta morta per overdose prima che potesse fare le sue rivelazioni.

Fu avanzata anche l’ipotesi di un complotto internazionale con la partecipazione del servizio segreto del Sudafrica. Secondo questa ipotesi un neofascista svedese, residente nel lato turco di Cipro, dove non era vigente alcun trattato di estradizione, fosse stato contattato dai servizi segreti del Sudafrica. Palme era temuto dalle fazioni sostenitrici dell’apartheid a causa del suo appoggio alle lotte portate avanti da Mandela. Questo personaggio, che era già stato coinvolto in altri oscuri episodi a Stoccolma e Londra dove era stato condannato per spionaggio, avrebbe preso contatto con un medico svedese con simpatie neofasciste. Il medico fu indagato dalla polizia svedese ma aveva un alibi in quanto si trovava in compagnia della sua fidanzata al momento dell’attentato a Palme. In una intervista alla fidanzata, alcuni anni più tardi, la stessa ammise che il fidanzato si era allontanato dalla sua abitazione per trovare un parchimetro dove parcheggiare la sua auto. La ricerca del parchimetro fu, secondo la donna, insolitamente lunga, tanto da rendere possibile la partecipazione del medico all’attentato. Aveva taciuto il particolare nell’interrogatorio della polizia perché temeva una violenta reazione del fidanzato. Nonostante le dichiarazioni della donna il medico non fu incriminato dagli inquirenti svedesi poiché non erano state raccolte prove sufficienti per l’accusa.

Lo scrittore portoghese Luis Miguel Rocha nel suo libro “La morte del papa”, riferito a Giovanni Paolo I, parla di un curioso telegramma inviato tre giorni prima dell’attentato. Secondo lo scrittore Licio Gelli, appartenente alla P2, scrisse a Philip Guarino, uomo dell’estrema destra statunitense, un messaggio con il seguente testo “Tell our friend the Swedish palm will be felled” (di’ al nostro amico che la palma svedese sarà abbattuta).