Con il nylon, ovvero il poliesametilenadipamide, si riuscì a creare una fibra che, a differenza di quelle naturali, ha dei diametri diversi a seconda dell’uso che se ne vuole fare: minuscolo per i collant da donna, spesso per setole, spazzole, cordami. Fu un successo, che però Carothers non vide, dato che a causa della depressione che lo aveva colpito ormai da anni, si suicidò il 29 aprile 1937. Morto l’inventore non si seppe mai la verità sul’origine del nome “nylon”. Secondo la DuPont, infatti, era una sorta di aggiustamento della parola “no-run“, dove “run” stava per “unravel”, cioè disfare; secondo la leggenda, invece, nylon non era altro che l’acronimo di “now you’ve lost old Nippon“, cioè “ora tu hai perso vecchio Giappone“, Paese che nella Seconda Guerra Mondiale aveva impedito agli Usa di importare seta dalla Cina, per impedire che fosse utilizzata per fabbricare i paracadute.
Resistenza e leggerezza racchiuse in un solo materiale: il nylon, ovvero uno dei prodotti che ha siglato la fortuna della Du Pont. Il brevetto fu registrato proprio il 16 febbraio 1937 dall’azienda chimica americana. L’invenzione della fibra artificiale che rivoluzionò completamente il mondo del tessile, si deve a Wallace Hume Carothers, 41 anni, chimico di punta dell’azienda. Lo stesso che, nel 1930, aveva brevettato il neoprene (prima gomma sintetica prodotta su larga scala) e che in seguito mise a segno altre scoperte fondamentali nel campo delle macromolecole e delle resine sintetiche. Basti pensare che due anni prima del nylon, il 28 febbraio 1935, brevettò nel laboratorio Du Pont a Wilmington, la poliammide, ovvero una macromolecola ottenuta unendo l’acido adipico ad una ammina (derivata dall’ammoniaca) e che presentava una struttura chimica simile a quella delle proteine che costituiscono la seta e la lana.