La partita sembrava segnata. Sepp Herberger era l’unico tedesco, in quel periodo, a non darsi per vinto. Il 4 luglio del 1954, giorno della finale del quinto campionato mondiale di calcio, a mezzogiorno cominciò a piovere: era il perfetto “fritzwalterwetter”: i tedeschi lo considerarono un buon segno. Il CT contattò il calzolaio che gli produceva gli scarpini, tale Adi Dasler che diventerà poi discretamente famoso nel mondo dell’abbigliamento sportivo, per avere delle scarpe da gioco con i tacchetti ad altezza regolabile: nel pantano che il campo sarebbe diventato con la continua pioggia, avere tacchetti più alti poteva essere un vantaggio.

Entrambe le squadre sentivano molto questa partita, per ragioni di patriottismo: per gli Ungheresi era una maniera di affermare la propria nazione indipendentemente dal regime comunista (anche se ricordiamo che il loro allenatore Sebes era organico, e come, al partito), per i tedeschi era la prima occasione, dopo quasi dieci anni di vergogna, di tornare ad essere orgogliosi come popolo. Non era la prima volta che l’inno tedesco era suonato al di fuori del confine, ma era di sicuro la prima volta importante: ed i volti tirati ed emozionati dei giocatori in bianco lo confermano. Herberger confermò Rahn, mentre Puskas insistette per giocare, anche se non ancora completamente ristabilito: la coppa del mondo la voleva sentire sua.

Il Match fu seguito da 60.000 persone sugli spalti e, essendo tale finale trasmessa per la prima volta in televisione, da parecchie persone anche da casa. Non in Germania, però, dove gli apparecchi televisivi erano in tutto meno di 2.000 e ci si accalcava quindi alla radio, dove il cronista Herbert Zimmermann narrava a tutti i tedeschi la partita.

Che cominciò male, per i bianchi: dopo aver dato il calcio d’inizio, ed avere, con Rahn, effettuato un tiro poco sopra la traversa, al 6’ devono subito capitolare: affondo di Hidegkuti, rinvio non perfetto della difesa tedesca, Kocsis entra in area, un rimpallo la manda a Puskas che dal lato sinistro batte imparabilmente il portiere Turek: 0-1! E non finiva qui: di nuovo Hidegkuti in area, viene anticipato da Kohlmeyer che la passa indietro a Turek. Il portiere non si aspettava tale passaggio, il malinteso tra i due è evidente e Czibor è lesto ad approfittarne, mettendo nella rete incustodita il pallone: 0-2!

È solo l’ottavo, ma la partita sembra già segnata. Il cronografo Longines che svetta sulla torre dello stadio (circondato da sponsor quali Cinzano e Cioccolato Tobler) segna impietoso tempo e risultato. Fino ad adesso, è la riedizione della partita dei gironi. Ma al 10’ cambia qualcosa: un cross rasoterra di Rahn dalla sinistra, abbastanza innocuo, viene completamente lisciato, con un goffo tentativo di intervenire in scivolata VERSO la propria porta, dal “libero” ungherese Zacharias, lasciando Morlock tutto solo davanti a Grocsis: tiro e gol: 1-2! Ed è solo il 10’.

Si vede chiaramente dalle immagini di quella partita come la difesa ungherese sia tutto tranne che impenetrabile: solo l’enorme talento del suo parco d’attacco mascherava la fragilità del reparto arretrato: del resto, anche nella storica partita di Wembley, vinta per 6-3, a fronte di 35 tiri (!) fatti dai magiari, gli inglesi riuscirono a calciare verso la porta solo 5 volte: ma fecero tre gol. Ed in questa edizione del mondiale, alla fine, presero ben 10 reti in 5 partite. Ma torniamo alla partita: dopo un’occasione per Puskas, che tira a lato da comoda posizione, la Germania attacca al 17’ con Morlock e guadagna un calcio d’angolo. Tira Fritz Walter sul primo palo ed è di nuovo angolo. Stavolta, il campione tedesco crossa alto sul secondo palo. Il portiere Grosics, ostacolato da Schafer, smanaccia sui piedi di Rahn, che da due passi pareggia: 2-2! Le immagini mostrano chiaramente che nessuno protesta, anche se Grosics in sede di memorie dirà che Schafer gli aveva confessato il fallo, fatto su “ordine” di Herberger. Secondo noi non era fallo, comunque, almeno, non più dei tanti che si fanno in area in casi del genere. Era il 18’, e la partita doveva ricominciare da capo.

Comincia da adesso lo show del portiere tedesco Turek: un’uscita spettacolare su Puskas al 23’, tuffo spettacolare nel sette su tiro al volo di Hidegkuti al 25’, palo clamoroso di Kocsis al 27’. Ma su un contropiede tedesco, Schafer costringe ad una clamorosa parata il tuffo Grosics. È il 41’, e la partita è bellissima. La voce di Zimmermann entrerà nelle orecchie e nel cuore dei tedeschi e si farà storia. È il calcio nella sua totale bellezza.

L’azione da coraggio alla Germania, che termina in attacco il primo tempo. Nel frattempo, comincia a montare il “grande mistero”: è vero che i giocatori tedeschi vennero tutti dopati con metanfetamine, e che questo gli causò un’epatite virale generalizzata? I tedeschi hanno sempre affermato che vennero fatte loro delle iniezioni di vitamina C prima del match (ma con una sola siringa: il morivo dell’epatite è questo, molto probabilmente). Secondo chi scrive, il doping è poco probabile: gran parte dei partecipanti tedeschi a quella spedizione morì in tarda età, e del resto era inutile fare metanfetamine a così breve distanza temporale dalla partita. È però altrettanto vero che la vitamina C non poteva avere chissà quale effetto… la verità non si saprà mai. 

Il secondo tempo comincia con Puskas che si divora un gol solo davanti al portiere tirandogli addosso. Al 10’, la migliore occasione magiara: Hidegkuti passa a Kocsis, che allarga le gambe e fa passare la palla verso Toth, che tira: Turek respinge sui piedi del n. 20 ungherese, che stavolta lo dribbla e tira a botta sicura verso la porta vuota: con la gamba, Kohlmeyer salva sulla linea! I due responsabili del disastro sullo 0-2, salvano miracolosamente la baracca. E pensare che negli spogliatoi avevano iniziato a litigare furiosamente su chi fosse da colpevolizzare per il secondo gol: furono violentemente fermati da Herberger che gridò loro: “Volete capire di chi è la colpa o volete essere campioni del mondo?” Lezione recepita, e Germania salva. Due minuti dopo, cross di Toth (di nuovo) e Kocsis di testa prende la traversa! Partita stregata per i poveri ungheresi, decisamente.

La partita, col la pioggia che continua a scendere, assume sempre più l’atmosfera adatta a Fritz Walter. Rahn, per ben tre volte, non appena ha la palla al limite dell’area, forza il tiro. In tutti i tentativi Grasics è attento. Al 78’, altra occasione per i magiari: Kocsis solo davanti a Turek, che esce a valanga sui piedi del n. 11 ungherese e respinge il pallone, ma sui piedi di Hidegkuti, che tira fuori.

Sei minuti dopo, lo show down: su una corta respinta di testa, la palla è a Rahn al limite dell’area. Ma lasciamo che siano le parole di Zimmermann a raccontarci come andarono le cose: “Palla a Rahn, da li dovrebbe tirare… Rahn prepara il tiro, tira… Gol! Gol!! Gol!!! Gol!!!! Gol per la Germania! Mancano cinque minuti e la Germania sta vincendo tre a due: chiamatemi pazzo, chiamatemi matto!”. Rahn aveva preso la palla e dopo, un dribbling, aveva al suo solito forzato il tiro: ma stavolta aveva preso l’angolino giusto alla destra di Grosics. 3-2! Quei quattro “Tor!” (Gol in tedesco), seguiti da 5 secondi di silenzio e poi dalle urla di gioia totale di Zimmermann conquistarono definitivamente la Germania: dopo nove anni, si poteva di nuovo dire “Deutschland” con orgoglio!

Ma non è finita: un minuto dopo, un cross dalla destra trova Puskas solo davanti a Turek, lo anticipa e segna: ma l’arbitro annulla per un fuorigioco che, se c’era, era millimetrico. “Keine Tor!” urla, ormai in piena fase orgasmica, Zimmermann.

Al 90’ l’ultima paura: Czibor tira sul primo palo, ma Turek è attento. La partita finalmente finisce. “Aus! Aus! Der spiel ist aus! Deutschland ist Weltmeister!” urla Zimmermann (È finita! La partita è finita! La Germania è campione del mondo!)

Jules Rimet, che si era appena dimesso da presidente della FIFA per assumerne la presidenza onoraria (le federazioni continentali si stavano formando, e lui era sempre stato contrario a questa cosa), consegnò la Coppa che portava il suo nome a Fritz Walter. Sarà la sua ultima volta: il creatore della Coppa del Mondo morirà due anni dopo.

Walter porterà poi la coppa a Herberger, e tutta la delegazione tedesca, mano nella mano, ascolta l’inno tedesco suonato per celebrare una vittoria: la nazione era ufficialmente rinata. Racconta Eckel, uno dei partecipanti, che alla stazione di Singen, la prima in Germania passato il confine Svizzero, trovarono 20.000 persone ad aspettarli, e quella cittadina aveva solo 1.000 abitanti!

Per gli Ungheresi, da quel momento, la vita cominciò invece ad essere più difficile. Il caso peggiore fu del portiere Gorcsis, arrestato per diversi mesi con vaghe accuse di spionaggio per poi essere costretto a passare dalla Honved ad una squadra minore. Nel 1956, allo scoppio della rivolta, la nazionale ungherese non ritornò immediatamente in patria, ed alcuni (ad esempio Puskas) rimasero all’estero. Ma questa è una storia, drammatica, che esula da quella dei mondiali.

 

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