Nelle prime ore del mattino del 23 giugno 1993 John Wayne Bobbitt viene evirato dalla moglie. Inizia così una vicenda che mediaticamente, 27 anni fa, fece presa nell’immaginario collettivo.
Quella notte, tra le 3.30 e le 4.30 del mattino, Lorena Bobbitt, ventiquatrenne di Manassas, Virginia, taglia il pene del marito che le dorme accanto, John Wayne Bobbitt, due anni più grande di lei. Scappata di casa sull’auto di famiglia e con il pene in mano, lo getta dal finestrino su un prato davanti a un 7-Eleven.
È lì che poco dopo lo ritrova la polizia, chiamata dalla proprietaria del salone di bellezza per la quale Lorena lavora e dalla quale si rifugia quella sera.
Trasportato al Prince William Hospital, a John viene riattaccato il pene grazie a un intervento di nove ore condotto dal dottor James Sehn, un urologo, e David Berman, un chirurgo plastico. Nel novembre del 1993, una giuria composta da nove donne e tre uomini, dichiara John Bobbitt non colpevole dell’accusa di violenza sessuale mossa dalla moglie. Mesi dopo, nel gennaio del 2014, una giuria di sette donne e cinque uomini dichiara Lorena non colpevole di ferimento premeditato a causa di una temporanea infermità mentale.
Una tragedia trasformata in farsa.