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È il 21 maggio 1927. Charles Lindbergh è in volo sull’Atlantico verso l’Europa. L’entusiasmo per l’impresa è contagioso. Le Borse europee sono euforiche. Wall Street segna il rialzo più significativo dell’ultimo anno e mezzo. A Tokyo, in piena notte, le strade brulicano di persone. I Lloyd’s di Londra accettano scommesse: l’arrivo di Lindbergh a Parigi viene dato a dieci contro tre. Il governo francese ordina di illuminare il buio, accendendo i riflettori di tutti gli aeroporti da Cherbourg a Le Bourget. I giornali escono con titoli a tutta pagina. L’America trattiene il respiro. Alle 22,24, ora di Parigi, dopo 33 ore e 30 minuti di volo, lo Spirit of St. Louis atterra a Parigi. A Le Bourget si sono raccolte 150 mila persone. Il primo volo senza scalo fra America ed Europa è cosa fatta.

Le moderne meraviglie della comunicazione stanno già trasformando un ragazzo di 25 anni nell’uomo più famoso della terra. Con un titolo a caratteri cubitali – «Lindbergh ce l’ha fatta» – il “New York Times” dedica al pilota e al suo volo l’intera prima pagina e tutte le quattro successive. Parte un telegramma del presidente americano Coolidge: «Il popolo si unisce alla mia gioia per la brillante conclusione del suo eroico volo». Ovunque, da New York a Londra, da Berlino a Bombay, si parla di Lindbergh come di un eroe. Il lungo volo della libertà è il momento fatidico della sua vita. Quel giorno le nuove tecnologie trovano la loro prima grande stella e un ragazzo di Detroit diventa il simbolo della modernità.

«Nessun uomo prima di me aveva goduto di tale libertà di movimento», scriverà Lindbergh del suo storico viaggio. Ma paradossalmente è proprio quella libertà che gli sarà negata da quel giorno. La fama esasperata e indesiderata gli procurerà una maturità anomala, la sua voglia di solitudine lo costringerà a fuggire. Trascorrerà il resto della vita volando da un luogo all’altro, alla ricerca di un’isola di tranquillità. Il suo primo figlio, “Baby Lindbergh”, sarà rapito e ucciso, e anche questa sarà una conseguenza della sua fama e della sua ricchezza. L’ondata di simpatia che ne seguirà non farà che ingigantire la sua immagine pubblica, gettandolo più che mai in pasto ai mass media e costringendolo a trasferirsi in Europa. La sua vita di uomo libero, che cerca nei cieli la dimensione ideale, sarà definitivamente compromessa.

Uomo eroico e tragico insieme, amato e discusso, affascinante e controverso, prigioniero dell’angoscia di non poter essere se stesso, Lindbergh vivrà da solitario travolto dalla propria fama. Nei suoi 72 anni di vita – dal 1902 al 1974 – c’è la storia dell’aviazione, ci sono due guerre mondiali, la politica e l’isolazionismo, la scienza e la tecnologia. C’è lo spirito americano. E c’è, in un certo senso, la storia del Novecento, anch’esso fatto di trionfi e di tragedie. Come l’avventura umana di Charles Lindbergh, l’aquila solitaria.