Giovanni Amendola è morto esule a Cannes il 7 aprile del 1926 in conseguenza delle lesioni subite da una vile aggressione fascista. Il giornalismo italiano lo ricorda come collega e uomo politico capace di opporsi con grande fierezza al progetto del fascismo di impossessarsi autoritariamente del Paese, partendo proprio dalla soppressione della libertà di stampa.
Giovanni Amendola, liberale non conservatore, fu unanimemente acclamato per il suo integerrimo comportamento a capo dell’Aventino, cioè di quella minoranza di parlamentari dell’opposizione che dopo il delitto Matteotti volle abbandonare l’aula di un Parlamento eletto con una legge truffaldina che ne aveva garantito al capo del fascismo il controllo diretto.
Nella lunga battaglia che la Federazione Nazionale della Stampa condusse dal 1922 al 1925 contro i tentativi di imbavagliare i giornali, Giovanni Amendola volle essere sempre al fianco della categoria a cui si sentiva di appartenere. Con questo debito di riconoscenza la Federazione della Stampa nel momento della sua ricostituzione, subito dopo la caduta del fascismo, volle intitolargli il suo Istituto Nazionale di Previdenza.
La lezione di Amendola è ancora oggi viva e presente nel giornalismo italiano, consapevole che la libertà di stampa è un bene inalienabile dell’intera collettività sociale e che deve, però, essere salvaguardato e riaffermato nell’esercizio professionale di tutti i giorni.