Uno dei libri di storia della comparsa e dell’evoluzione della vita sul nostro pianeta più affascinanti dal punto di vista narrativo. Henry Gee è un maestro nel dare notizi fornendo al tempo stesso altre sensazioni – di nascita, di terrore per le catastrofi naturali, di competizione per la sopravvivenza – in maniera così vivida da far sembrare questo libro più un documentario di Attemborough che non un volume divulgativo.
Le descrizioni di come i super continenti si uniscono per poi lacerarsi di nuovo, con fuoriuscite impressionanti di magma che cambiano la composizione dell’atmosfera; il cielo che è quindi di color marrone perché l’”aria” riflette la luce in maniera diversa; gli animali che sono minuscoli, enormi, che si estinguono o che prosperano; la nascita di denti, piume, corazze. Tutto è raccontato con una tecnica quasi da romanzo.
L’uomo, in tutto questo racconto condensato in dodici capitoli neanche troppo lunghi (poco più di 200 pagine in totale) diventa come è giusto che sia piccolissimo. E il bagno di umiltà che tale prospettiva sulla vita dovrebbe fare l’umanità è l’unica, forse, maniera che essa avrebbe per sopravvivere.
Il voto di tre su cinque, quindi, sembra eccessivamente severo. Ma in realtà è figlio proprio del fascino che questa particolare narrazione ha. Anzitutto, la drammaticità della narrazione – che ripeto essere molto efficace – si scontra con una dilatazione dei tempi che non viene, a modo di vedere di chi scrive, resa appieno: se si parla di “appena” mezzo milione di anni (un “appena” pianamente giustificato dall’arco temporale preso in considerazione) si deve anche dire che stiamo parlando di più di cinquanta volte la durata della storia documentabile.
Poi, i nomi degli animali inseriti sono davvero troppi e troppo difficili, tanto da richiedere delle note a piè di pagina che sono in fondo al libro, e che se lette interrompono il flusso del racconto.
E – soprattutto – si tratta l’evoluzione in maniera “caratteriale”, dando ossia ad essa una volontà di andare in una certa direzione.
Il concetto – per chi ben conosce la teoria e ha studiato la materia – è ovvio: pur essendo “cieca” perché completamente causale, l’evoluzione prosegue lungo la linea della ”massima efficacia”, ossia i cambiamenti che risultano in una maggiore efficienza di creazione di copie vengono mantenuti per il semplice fatto che si creano le copie; gli altri no. Ma narrata alla maniera di Gee, l’evoluzione sembra avere una volontà finalistica che – per estensione – potrebbe portare a considerare idee strampalate come il fatto che entità “soprannaturali” abbiamo donato la vita. Cosa che è rispettabilissima, ma che con l’argomento del libro c’entra poco. Anzi. Rischia di depotenziare tutta la narrazione.
Consiglio di leggerlo: è affascinante come un romanzo, certe volte rimarrete sorpresi e altre vi spaventerete. I difetti che ho elencato, una volta compresi e accettati, non impediranno al volume di essere tra i più potenti, narrativamente parlando, che trattano l’argomento “vita sulla Terra”
Voto 3/5