Per concludere la mia analisi sulla riforma costituzionale, che mi porta a votare NO, vorrei analizzare le ragioni più comuni che i fautori del SI portano alla riforma.
Va detto, anzi tutto, che si deve partire dalla presunzione di buona fede: Chi vota SI è convinto realmente che le cose miglioreranno con 400 deputati e 200 senatori, perché ha analizzato attentamente la riforma, non perché “lo dice qualcuno” o perché “così freghiamo ‘sti magnoni che ce governano”. Stessa cosa, ovviamente, pe chi, come me, vota NO. Non si vota NO per fare un dispetto al governo attuale, né ai partiti che lo sostengono. La Costituzione è cosa ben più importante dell’immanenza dell’attuale potere esecutivo.
A questo proposito, tutti quelli che hanno intenzione di votare in maniera opposta rispetto al referendum confermativo del 2016, sono convinto sappiano dare una logica e razionale motivazione del perché. Personalmente, a me sfugge, e dirò dopo il perché. Ma vediamole, queste ragioni principali:
1. Si risparmia
Argomento debole: il risparmio di 100 milioni l’anno (su più di 800 miliardi di spese pubbliche) è risibile, e nessuno baratterebbe l’esercizio democratico per così poco. Oltretutto, è un risparmio facilmente ottenibile in altre maniere (una su tutte: ottimizzare le spese per consulenze esterne nella Pubblica Amministrazione centrale). Infine, questo 100 milioni come verrebbero utilizzati? Perché per lo stato, risparmiare vuol dire abbassare il PIL, lo sapete vero?
2. Maggiore efficienza dei lavori delle camere
Tutta da dimostrare, e anzi quasi fallace. Le camere lavorano abbastanza bene già adesso (conversione di leggi in 52 giorni medi, cito quelli che votarono NO nel 2016), e le commissioni parlamentari – che sono il lavoro maggiore – non varieranno tipo di lavoro.
3. Meno parlamentari vuol dire più qualità di essi.
E dove sta scritto? Fermo restando che le persone scelte dipendono fortemente dalla legge elettorale, e non dal numero di essi, a me sembra che l’elezione di Cicciolina o di Gerry Scotti (cito loro due come esempio, non sono stati neanche i peggiori) in parlamento non sia dipeso dal numero di parlamentari, ma dal partito che li metteva in condizioni “protette” nelle liste. E poi estremizzando il concetto, possiamo dire che un minor numero di carabinieri garantisca una miglior qualità di essi? O che lavorerebbero meglio? Eppure anche nei carabinieri abbiamo dei casi di mele marce. Si dirà: nel parlamento ce ne sono di più. Sicuri? O non è piuttosto un errore di prospettiva che ci fa vedere solo i parlamentari “cattivi”, visto che di quelli buoni non si parla mai? E poi, nel 2018, chi ce li ha mandati? Non mi risulta si siano eletti da soli.
4. Con la nuova legge elettorale si avrà un ritorno al proporzionale e le minoranze saranno salvate.
Fermo restando che c’è il paradosso di votare SI per sfiducia nel legislativo, e poi ci si fida “a prescindere” sulla legge elettorale, nessuna legge elettorale annullerebbe il fatto che avremmo in media meno di un deputato ogni 150.000 abitanti. Per preservare le minoranze (penso alla Valle d’Aosta, al Sud Tirolo), tale rapporto non potrà che peggiorare. Matematicamente, non esiste la “legge elettorale perfetta”, ed è per questo motivo che in assemblea Costituente si pensò a durata diversa e rappresentanza diversa (cinque anni la Camera, Sei il Senato; proporzionale la Camera, maggioritario il senato) per le due camere. Adesso, i prodromi della “nuova legge elettorale” fanno temere il peggio: L’abbassamento a 18 anni di chi può votare per il senato toglierà anche l’ultima differenza che le due camere avevano, Rendendo così il bicameralismo non più “perfetto”, ma proprio “fotocopia”. Le camere possono essere due per due motivi: se hanno competenze diverse (e nel caso italiano non è così, il tentativo fatto nel 2016 era così pasticciato che anche questa cosa non era chiara) o se hanno stesse competenze ma composizione diversa, in modo tale da analizzare la vita della comunità da due prospettive diverse. Adesso non sarà più così, in compenso con meno voci (elette da noi, ricordiamocelo) a poter andare fuori dal coro.
5. Il numero di parlamentari è stato deciso nel 1963, e non dai padri costituenti.
Verissimo. Ma è solo la mezza messa. Nel 1947 si decise per avere un deputato ogni 80.000 abitanti e un senatore ogni 200.000. Non si fissò il numero di deputati. Con questi numeri avremmo 300 senatori e 750 deputati. Nel 1963, la decisione di avere 630 deputati rifletteva il censimento di allora, ossia era ancora un deputato ogni 80.000 abitanti. Fu proprio per evitare la pletora di deputati che si fissò il numero e non lo si lasciò variabile. A tale proposito, non sono riuscito a capire perché il numero proposto è 400 e 200 e non, per fare un altro esempio, 350 e 175 o 430 e 215. Quale è il razionale di tale scelta? Al momento credo non lo sappiano neanche i fautori del SI, se non dicendo “è in linea con gli altri paesi” o “è ragionevole”. Vorrei risposte, visto che si parla della mia rappresentanza nella comunità, più meditate.
6. Cominciamo con questo: il “meglio” è nemico del “bene”, e se aspettiamo qualcosa di meglio non cambieremo mai.
C’è necessità di cambiamento? Chi lo dice? E chi ha detto che questa riforma è “meglio”? I fautori del SI? Per me non è “meglio” per nulla. Basti pensare che la fiducia al governo può essere data con 201 deputati e 101 senatori, che il Presidente della Repubblica verrà eletto con 325 voti (invece dei 505 attuali), e che le modifiche costituzionali possono venire approvate senza referendum confermativo come questo con 267 voti alla camera e 135 al senato, contro i rispettivamente 420 e 206 attuali. Insomma, ogni parlamentare conterà molto di più, e a maggior ragione saranno messi più sotto controllo da parte dei partiti, altro che “rappresentare l’intera nazione” come dice la costituzione, o “disciplina e onore” nello svolgere il proprio lavoro! Io ho la sensazione che si confonda il cattivo lavoro dei parlamentari con il lavoro del parlamento. Commettendo un errore di prospettiva, anche qui: Se uso male un arnese, il problema non è dell’arnese, ma mio.
Ma poi, di base, ricordiamo questo: Dei tre poteri di cui è composto lo stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) l’unico eletto direttamente dall’elettorato attivo (ossia da noi) è proprio il legislativo. NON il giudiziario (e meno male), non l’esecutivo (ricordiamola questa cosa: non abbiamo un premier, abbiamo un presidente del consiglio dei ministri. Che non è MAI stato eletto dal popolo, neanche nello statuto albertino o nel ventennio di dittatura fascista (che diminuì la camera a… 400 parlamentari). E noi stiamo votando per limitare il numero di persone che possiamo votare direttamente.
Vincerà il SI? Probabile, sopravvivremo comunque. Per me, però come cittadini ci stiamo perdendo.