Il re varca le mura cittadine alle ore 12,30. Ad accompagnarlo nella carrozza vi sono: il sindaco della città, il principe Francesco Pallavicini, il presidente del Consiglio, Giovanni Lanza, e il generale Maurizio de Sonnaz. Lungo tutto il tragitto che lo porta al Quirinale il sovrano di casa Savoia è accolto da un festoso lancio di fiori da parte dei romani riversatisi nelle strade per l’occasione.
Entrato nel palazzo il re si affaccia più volte dal balcone per ricevere il saluto dei suoi sudditi e il giorno seguente una grande festa viene organizzata in Campidoglio in suo onore. La sera stessa, e con grande disappunto dei romani, Vittorio Emanuele riparte per Firenze e rientra nella capitale alla fine di novembre per un altro evento di importanza storica: l’inaugurazione delle sedute del Parlamento nella città eterna.
Nei suoi ultimi anni di regno il sovrano piemontese si ferma di rado a Roma, dove non riesce a stare per periodi troppo lunghi anche a causa del suo carattere irrequieto. Per evitare le frequenti fughe di Vittorio Emanuele II presso altre località il governo acquista anche la tenuta di Castel Porziano, dove il re avrebbe potuto usufruire anche di una riserva di caccia e praticare, dunque, uno dei suoi grandi passatempi.