Rimanevano, circa tale parte della fisica, solo due piccoli dubbio (o almeno, per l’epoca, erano proprio piccoli).
1) Attraverso quale mezzo si spostano le onde elettromagnetiche? All’epoca si supponeva un “etere” invisibile che doveva però avere proprietà abbastanza sconcertanti (così leggero da essere invisibile, ma così rigido da consentire il trasferimento di onde di frequenza elevatissima, dell’ordine dei milioni di cicli, ossia di creste per continuare il paragone con quelle del mare, al secondo).
2) Esisteva una legge “empirica”, ossia basata sulle osservazioni ma non codificabile in una teoria scientifica che descriveva la radiazione che veniva emessa da un “corpo nero”. Questi altri non è che un oggetto (come a esempio un forno) che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica con cui interagisce, senza rifletterla mai. Ciò che emette, quindi, non è mai la radiazione che assorbe, ma dipende dalla “natura” del corpo stesso. La legge empirica scoprì che non dipendeva dal materiale, la radiazione emessa, ma solo dalla temperatura raggiunta dal corpo nero. Solo che l’andamento a basse frequenze di emissione era completamente diverso da quello ad alte. Quale teoria poteva mettere d’accordo la legge empirica?
Per quanto riguarda il primo punto,se questo etere fosse esistito, allora si sarebbe potuto misurare, sempre con la luce, la velocità della terra rispetto a questo etere immobile (ad esempio vedendo quanto la velocità della luce variasse a secondo del moto della terra). Il risultato di questo esperimento (il più famoso esperimento negativo della storia della fisica, fatto dai fisici Michelson e Morley) fu sconvolgente: la velocità della luce non variava (con una precisione che in un secolo era diminuita da un più o meno 100 chilometri a più o meno qualche centimetro l’ora) MAI.
Al tempo stesso, la teoria della radiazione elettromagnetica non riusciva a spiegare quella curiosa legge empirica non codificabile da nessuna teoria. Proprio alla fine del XIX secolo, nel dicembre del 1900, Un fisico, Max Planck, scoprì che la radiazione di “corpo nero” era spiegabile ipotizzando che la luce non fosse un’onda continua, ma potesse esistere solo sotto forma di “quanti”, ossia particelle di energia e frequenza ben definite. I fisici, prima di buttare a mare un secolo di successi dell’elettromagnetismo, però, volevano delle teorie a supporto di ciò, che non fossero semplicemente quelle che spiegassero un unico esperimento.
Anche nel caso dell’esperimento di Michelson e Morley un fisico olandese, tale Lorentz, sviluppò delle equazioni del moto che contraddicevano quelle di Newton ma spiegavano benissimo l’esperimento: altro caso di legge empirica: Bene, anche in questo caso i fisici prima di buttare una teoria che aveva funzionato egregiamente per 250 anni, volevano altre prova che non fossero un unico esperimento.
Questo era lo stato di cose quando, nel 1905, un giovanotto impiegato all’ufficio brevetti di Zurigo pubblicò, in soli quattro mesi, da febbraio a maggio, tre articoli che rivoluzionarono completamente le teorie fisiche. Ovviamente questo era Albert Einstein.
(2 – Continua)