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Nel pomeriggio del 26 aprile 1937, la piccola città basca di Guernica venne colpita da uno dei bombardamenti più conosciuti e iconici del Novecento. Il contesto era quello della guerra civile spagnola, cominciata meno di un anno prima tra i nazionalisti del generale Francisco Franco e i repubblicani guidati dal Fronte Popolare, la coalizione dei partiti di sinistra e estrema sinistra spagnoli. Il bombardamento di Guernica divenne il simbolo della guerra e in un certo senso anticipò le stragi di civili della Seconda guerra mondiale, anche se le sue concrete conseguenze furono a lungo ingigantite per scopi di propaganda. A contribuire alla fama del bombardamento fu tra le molte cose il famosissimo ed enorme quadro del pittore Pablo Picasso, che diventò una delle opere d’arte antimilitariste più riprodotte del Novecento.

Oggi Guernica è una città con poco più di quindicimila abitanti. Nonostante sia così piccola, da sempre ha avuto un ruolo centrale nell’identità dei Paesi Baschi, la regione nel nord della Spagna che da secoli rivendica una maggiore autonomia – a volte indipendenza – dal governo centrale. Nel 1937 Guernica aveva circa settemila abitanti e si trovava a poche decine di chilometri dal fronte che divideva le forze repubblicane e quelle nazionaliste, che volevano conquistare Bilbao per chiudere la questione della guerra nel nord del paese. La guerra era cominciata nel luglio del 1936, quando i nazionalisti avevano fatto un colpo di stato militare per togliere il potere alle forze di sinistra, che avevano vinto le elezioni e governavano il paese. All’opposizione c’erano le forze di destra, monarchiche, cattoliche e in larga parte vicine al fascismo. Dopo il colpo di stato, il leader dei nazionalisti era diventato Franco, generale dell’esercito che nei mesi successivi prese militarmente il controllo dell’estremo sud della Spagna e di un’area piuttosto grande nel nord-ovest del paese.

I Paesi Baschi avevano un proprio corpo militare, alleato del Fronte Popolare. Nel 1937 la regione era diventata una roccaforte dei repubblicani, circondata da territori controllati dai nazionalisti. Guernica era una città in una posizione strategica, perché era sulla strada per Bilbao, che Franco mirava a conquistare, nonché passaggio obbligato per l’eventuale ritirata dei repubblicani da Bilbao. Non era però di per sé un centro militare. I motivi per cui fu bombardata sono stati a lungo dibattuti, e le interpretazioni più accreditate sottolineano il valore strategico della posizione di Guernica e la volontà delle forze di Franco di dare una dimostrazione di forza, per incutere paura ai civili spagnoli che appoggiavano i repubblicani e anche alle potenze straniere.

Il 26 aprile del 1937 era un lunedì, giorno di mercato. Sembra però che quel lunedì il mercato non fosse stato organizzato, perché per precauzione le forze repubblicane lo avevano sospeso. A compiere il bombardamento furono 24 aerei militari, in buona parte della Luftwaffe, l’aviazione tedesca, e tre dell’esercito italiano: sia Adolf Hitler che Benito Mussolini, infatti, erano alleati delle forze nazionaliste. Nella prima incursione, intorno alle quattro e mezza del pomeriggio, fu colpita la zona del ponte di Renteria, a est della città, un importante obiettivo militare perché passaggio della eventuale ritirata dei repubblicani. Nelle ore successive gli aerei tornarono però su Guernica per colpire altri obiettivi, come la ferrovia e delle fabbriche di armi: il risultato fu la distruzione di buona parte della città, e decine di morti tra i civili. Tecnicamente, il bombardamento non raggiunse i suoi obiettivi, perché le fabbriche d’armi non subirono grossi danni, così come la Casa de Juntas, un monumento molto importante per la cultura basca. Ciononostante, la distruzione della città e il conseguente trauma tra gli abitanti e le forze repubblicane consentì ai nazionalisti di prendere il controllo di Guernica, e nei mesi successivi di tutti i Paesi Baschi.

Fino almeno agli anni Settanta si credette che nel bombardamento di Guernica fossero morte quasi duemila persone. La stima fu avanzata inizialmente dalle forze repubblicane, che volevano ingigantire la strage di civili commessa dai nazionalisti. Un giornalista britannico inviato del Times, George Stear, fu il primo straniero a scrivere del bombardamento: il suo resoconto fu pubblicato anche dal New York Times, dando all’episodio una grande visibilità internazionale. Anche Steer stimò in diverse centinaia il numero dei morti. I nazionalisti accusarono i repubblicani di aver esagerato i morti (e addirittura di aver compiuto loro stessi il bombardamento). Per gli storici è stato difficile fare un bilancio del bombardamento, perché molte persone morirono successivamente all’ospedale di Bilbao e i registri parrocchiali di Guernica furono bruciati. La stima più condivisa dice che i morti furono circa 300, anche se altre più basse sono state spesso citate come plausibili. Un altro argomento storicamente dibattuto è stato il reale obiettivo del bombardamento: ci fu chi la ritenne un’operazione strategica militare con effetti collaterali, ma l’ipotesi più accreditata storicamente è che ci fosse l’intenzione di uccidere molti civili, in quello che fu una sorta di precursore dei bombardamenti a tappeto.

Soprattutto grazie al reportage di Steer, il bombardamento di Guernica attirò condanne dalla politica e dalla società civile occidentale, e diventò il simbolo delle stragi di civili degli anni Trenta, rimanendolo anche nei decenni successivi, nonostante le violenze della Seconda guerra mondiale. La fama di Guernica fu dovuta in parte a Picasso, che era già un pittore famosissimo e che nel maggio del 1937, pochi giorni dopo il bombardamento, cominciò a dipingere un’enorme tela, lunga quasi otto metri e alta tre e mezzo. Il governo repubblicano spagnolo gli aveva commissionato un’opera da esporre nel padiglione della Spagna all’esposizione internazionale di Parigi, e lui aveva avuto l’ispirazione dopo il bombardamento. Il quadro, che si intitolava Guernica, fu apprezzatissimo per la sua capacità di rappresentare il caos e il terrore del bombardamento, ed è diventato probabilmente la più famosa opera d’arte di sempre sulla guerra. Oggi è esposto al museo Reina Sofia di Madrid.