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L’otto aprile del 1975 il regista riminese Federico Fellini coronava l’ennesimo successo della sua venerata carriera con il film Amarcord, opera surreale con innesti autobiografici costantemente a metà fra commedia e dramma.

La pellicola, oltre a ricevere la nomination nelle categorie di miglior regia e miglior sceneggiatura originale, veniva eletta miglior film straniero dopo uno storico siparietto ospitato dal grande Frank Sinatra.

All’epoca quello di Amarcord fu il quarto Oscar al miglior film straniero della carriera del regista, che aveva già vinto in precedenza con La Strada, Le Notti di Cabiria e 8½. Come noto però le statuette per quella categoria non vengono assegnate personalmente al regista, che da questo punto di vista può contare “soltanto” un Oscar onorario. In totale, fu nominato dodici volte nelle categorie miglior regia e miglior sceneggiatura originale/non originale, ma non riuscì mai a vincere.

Per chi non lo sapesse, il termine “Amarcord” deriva dall’unione della frase romagnola “a m’arcord”, che significa “io mi ricordo”. Questo perché l’opera ripercorre le vicende degli abitanti di un antico borgo riminese ai tempi del fascismo ed è pieno di rimandi all’infanzia del regista, nonostante segua la quotidianità di diverse persone. Il successo fu tale che la parola amarcord entrò a far parte dell’uso comune della lingua italiana, ed è oggi considerata un neologismo per indicare, appunto, una “rievocazione”.